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Cos’è la sicurezza sul lavoro – Lezione 3 – L’origine dei comportamenti: la realtà esige un rapporto

Eccoci arrivati alla terza lezione della Rubrica “Lezioni di Sicurezza sul Lavoro”. Ricordiamo che la rubrica vuole presentare degli articoli settimanali in materia a cura di Giancarlo Restivo, che oltre ad essere Presidente della Nuova Organizzazione d’Imprese è anche Consigliere Nazionale AiFOS (Associazione Italiana Formatori ed Operatori della Sicurezza sul Lavoro). La collana presenta un percorso sociologico e antropologico innestato su argomenti imprenditoriali, che consentiranno l’accessibilità e la lettura anche ai non addetti ai lavori.

Lezione 3 – L’origine dei comportamenti: la realtà esige un rapporto

Buon giorno a tutti,
come ogni settimana ci troviamo su queste colonne per parlare di Sicurezza sul lavoro, quella spero, non solo per addetti ai lavori.
La scorsa settimana abbiamo approfondito il tema della “libertà”, che essendo dotati di un libero arbitrio, nasce per noi l’esigenza di educarlo.
Ed abbiamo concluso ponendoci le domande principali, cos’è questa nostra libertà, il libero arbitrio? I comportamenti da dove hanno origine? Rispondere a queste domande ci permetterà di fare dei passi verso la possibilità di correggere dei comportamenti eventualmente errati.
Perché conoscere l’origine dei comportamenti ci fornisce quelle chiavi di lettura per riconoscerli e comprenderli fino in fondo.

L’origine è una provocazione

Da dove hanno origine i comportamenti? Da dove si parte? Da dove si parte al mattino? Sempre dallo stesso punto, che siamo fatti per essere vivi, per muoverci, camminare, comprendere, correre e non starcene tranquilli. Da dove si vede? Che il tempo delle vacanze è sempre pieno di cose da fare.
Se guardiamo bene, il tempo della “vacanza”, non è mai vuoto, ma lo riempiamo di un “fare differente”. Diremmo di quello che ci “piace”, ma sempre di un “fare” si tratta.
Anzi, per quanto pensiamo di cercare la “tranquillità”, poi ci troviamo a complicare le cose, perché in realtà non cerchiamo la tranquillità, ma la “novità”.
Siamo sempre lì tutti tesi a programmare, misurare, decidere dove andare, ma poi alla fine cos’è che ci raccontiamo tra amici, cos’è che attendiamo dal telegiornale, cos’è che rende interessante la vita, l’imprevisto!
Qualcosa che ci spiazzi, che ci interessi, che ci stupisca!
Ma l’imprevisto non viene sicuramente da noi, è un regalo del reale alla nostra sete di novità!
Ecco il punto! noi ci muoviamo, iniziamo a muoverci perché provocati da quello che ci succede.
La realtà genera in noi un moto, ci mette in moto, sin dalla nascita. Sempre noi ci muoviamo verso ciò che riteniamo interessante.

Se io adesso dovessi essere in auto con mia suocera accanto e avanzando vedessi una bella donna passare, il mio sguardo dove si poserebbe? Sulla suocera o sulla bella donna? Involontariamente ci troveremmo a guardare la bella donna, (provatelo a spiegare alla suocera che non l’avete fatto apposta ma che è un processo naturale, poi mi direte).
Ciò che è bello ci muove verso di lui. Un bambino vede il fuoco e incuriosito prova a toccarlo, si muove verso, poi ciò che ci incuriosisce non è sempre “sicuro” come il fuoco dell’esempio. Ecco un altro passo, la realtà ci mette in moto verso di lei, ci chiede di utilizzarla, ci chiede un rapporto, ma come in tutti i rapporti il partner va conosciuto, perché non diventi controproducente.
Questa è l’origine della tecnica. Se la Scienza ha trovato la sua ragion d’essere nello stupore per la realtà quindi nel desiderio di ognuno di noi di scoprire cosa costituisse la bellezza del creato. La tecnica invece è nata per facilitare il rapporto con esso, per consolidarlo, per renderlo più sicuro.
A questo punto della nostra riflessione possiamo quindi affermare, che la materia trattata necessita di due tipi di conoscenze, una comportamentale, sociologica, perché l’attore principale è la persona umana e una conoscenza tecnica, perché la persona nel rapporto con la realtà (che non può eludere perché è fatta per esso), deve imparare ad usare delle cose in maniera adeguata.
Queste affermazioni trovano riscontro anche e soprattutto nel nostro Codice Civile, all’articolo 2087 dove viene espresso: “L’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro.”.
Per tutelare l’integrità fisica abbiamo dunque esigenza di conoscenze tecnico-ingegneristiche, per tutelare la personalità morale abbiamo invece necessità di conoscenze psicosociali. Anche la legge quindi ci dà una mano nel lavoro di comprensione che stiamo attuando.
Cari amici abbiamo appena iniziato ad addentrarci in questo percorso di insegnamento e la strada è ancora lunga. Spero che questa modalità innovativa di trattare questo tema, a volte ostico, possa trovare in voi corrispondenza.

Arrivederci alla prossima settimana dove cercheremo di comprendere cosa intendiamo quando usiamo il termine “adeguato” sia per i comportamenti che per il rapporto con le cose.

Grazie a tutti per l’attenzione.

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